Il villaggio ha recentemente ottenuto l’ingresso nel prestigioso gruppo dei Borghi più Belli d’Italia. Attualmente i residenti stabili sono circa una trentina, ma le abitazioni e le strade narrano di un passato significativo, che merita di essere esplorato prima di intraprendere i sentieri con una vista mozzafiato sul Monte Rosa.
A 917 metri di altitudine si trova la chiesa parrocchiale di Santa Croce, impreziosita dagli affreschi settecenteschi realizzati da Antonio Orgiazzi, noto anche per il suo lavoro al Sacro Monte di Varallo. Il paese si sviluppa in salita, suddiviso in cinque “cantoni”, ciascuno con il proprio nome distintivo. Le case in pietra e legno, con i caratteristici tetti di beole, si affacciano su vicoli stretti e mostrano tracce di antiche botteghe e stalle. Un incantevole ponte in pietra ad arco su unica campata è una delle meraviglie del borgo.
Rassa si trova nel punto in cui i torrenti Sorba e Gronda si incontrano, in una valle laterale impervia della Valsesia (VC). Quest’area, attraversata dai due corsi d’acqua, è designata come zona di protezione speciale. Dallo scorso novembre, il paese fa parte dei Borghi più Belli d’Italia, un riconoscimento che rappresenta uno stimolo fondamentale per incrementare il turismo, mantenendo un approccio lento e attento, ideale per chi cerca cultura, tranquillità e natura autentica.
«Rassa è un borgo antico che ha preservato la sua autenticità grazie al suo isolamento», spiega Lorena Chiara, guida escursionistica e turistica locale. «La morfologia stretta della valle ha scoraggiato grandi sviluppi edilizi e turistici». Tuttavia, questo isolamento ha avuto il suo prezzo: nel corso del tempo, la popolazione è diminuita drasticamente. «A fine Ottocento il paese contava oltre 500 abitanti. Oggi siamo una settantina ufficiali, ma i residenti fissi, me compresa, sono appena 30», racconta Chiara. Questo spiega perché la chiesa parrocchiale sia così grande: un tempo tutte le frazioni avevano una piccola chiesa usata come oratorio, ma per le celebrazioni principali ci si riuniva qui. Grazie all’arrivo della fibra, il borgo potrebbe attrarre nuovi abitanti, anche in modalità smart working.
La storia di Rassa è difficile da ricostruire completamente. Diversi incendi che hanno colpito la chiesa hanno distrutto parte degli archivi parrocchiali. Si sa che il paese ha origini medievali, ma in un documento del 1217 che elenca i capifamiglia della Valsesia giuranti fedeltà a Vercelli, Rassa non viene menzionata. Fra Dolcino e i suoi seguaci si rifugiarono in questa zona intorno al 1304, ma non ci sono documenti che confermino la presenza di un insediamento consolidato all’epoca. L’eretico e i suoi compagni, fautori di una povertà rigorosa e oppositori al celibato, furono perseguitati e, dopo due anni trascorsi in questi luoghi, Dolcino fu catturato e giustiziato nel 1307.
Rassa ha mantenuto scambi commerciali con le valli circostanti, come la Valle del Lys e la Valle Cervo, e ancora oggi esistono legami familiari con queste zone. Fino alla costruzione della strada che collega Quare a Rassa, negli anni Novanta dell’Ottocento, il borgo era raggiungibile solo tramite un sentiero impervio. Lo stesso vescovo Carlo Bascapè, durante una visita pastorale nel 1596, trovò il viaggio estremamente arduo.
Perché i “Tremendi”?
Gli abitanti di Rassa sono noti come “tremendi”, un soprannome le cui origini non sono del tutto chiare. Alcuni ritengono che sia legato all’ospitalità offerta a Fra Dolcino, altri credono che derivi da un commento del vescovo Bascapè, che usò il termine in senso positivo per descrivere il carattere forte degli abitanti. Un’altra teoria suggerisce che l’isolamento del borgo abbia plasmato una comunità ingegnosa e resiliente.
Vita e tradizioni
La sopravvivenza del borgo è stata resa possibile grazie a un’agricoltura limitata, all’estrazione di marmo e pietra calcarea per produrre calce e al legno. Durante l’inverno, un ponte sospeso in legno veniva costruito per trasportare i tronchi alle segherie, poi smantellato in primavera per evitare danni dovuti alle alluvioni. Anche la lavorazione del legno e della pietra era una competenza degli abitanti, che spesso emigravano per cercare lavoro, mantenendo però un gergo comune per riconoscersi.
Il legno, l’acqua e la calce sono stati pilastri economici per Rassa. La segheria idraulica di Brasei, costruita nel Seicento e rimodernata nell’Ottocento, è rimasta attiva fino agli anni Ottanta ed è oggi sede dell’Ecomuseo, un tributo alla capacità ingegnosa degli abitanti. Da visitare anche la Bottega del Patel, un laboratorio di falegnameria con strumenti originali, che racconta la storia artigianale del borgo.
Fonte articolo: montagna.tv